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Crisi Esistenziale: perché arriva e cosa la causa?

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Perché arrivano le crisi esistenziali?

Perché qualcuno ne affronta anche più di una nella sua vita, ed altre persone sembrano non viverle mai, sicure e salde nei loro intenti, nella loro visione del mondo, nel loro modo di reagire alle tempeste dell’esistenza?

Si tratta di una sensibilità particolare?

Di una scarsa capacità di gestire le difficoltà?

O di qualcos’altro?

Beh, la verità è che le crisi esistenziali arrivano come le tempeste o i terremoti.

Ci sono luoghi della terra che sono più predisposti di altri, aree sismiche dove i movimenti della crosta terrestre avvengono con più ricorrenza e più violenza.

Ma è anche vero che, per quanta devastazione i terremoti portino, in realtà rappresentano il segnale del fatto che la terra è viva, che c’è movimento e che anche la cosa che ci sembra più stabile (come può essere il pianeta su cui viviamo) è predisposta al cambiamento continuo (come è giusto che sia).

Si dice che l’unica costante nella vita sia il cambiamento.

Ed è così. Il fatto che nella tua vita tutto continuerà sempre a cambiare è l’unica certezza su cui puoi fare affidamento.

Se oggi ti ritrovi nel bel mezzo di una crisi esistenziale è solo perché anche tu sei un essere umano, e in quanto facente parte della natura, il cambiamento e la mutevolezza ti coinvolge.

Ma se la crisi è così naturale come sto dicendo, allora perché ti sconvolge così tanto?

Beh, perché quando le cose cambiano, la segnaletica a cui eravamo abituati viene meno, e trovarsi da soli in mezzo al deserto senza sapere dove andare non piace a nessuno.

Quindi tranquillizziamoci, il fatto che essere in crisi ti mandi ulteriormente in crisi è un buon sintomo di sanità mentale: sei normale, non c’è nulla di folle nel sentirti come ti senti, anzi! 

Magra consolazione? Non importa, iniziamo dalle consolazioni magre, poi arriveremo a quelle più grasse.

La prima cosa da fare per sopravvivere a questa tua crisi è capire cosa l’ha generata, e se è successo qualcosa di specifico che ti ha fatto piombare qui dove sei adesso (ossia nel caos più completo) oppure se non sapresti nemmeno identificare la motivazione primaria del tuo stato di cose.

Cosa è successo?

E’ finita una storia importante? Una separazione, un divorzio o un lutto forse?

Hai avuto la necessità di prendere una decisione fondamentale per la tua esistenza che ha fatto andare in tilt il tuo sistema di valori e di priorità?

C’è stato un cambiamento considerevole nella tua quotidianità? Un figlio, un nuovo lavoro, un licenziamento, un trasferimento, o qualcosa del genere?

Iniziare a capire come mai ti trovi dove ti trovi può aiutarti a comprendere che se sei in crisi c’è un motivo, non è perché qualcosa non va nella tua testa.

E’ facile credere di avere qualche problema quando si hanno dei problemi, ma forse il vero problema è solo il problema che si ha (è una frase paradossale, ma ha molto più senso di quello che credi).

Quindi, iniziamo il percorso per uscirne: Cosa ti ha mandato in crisi?

E ricorda che se non riesci a fare chiarezza, se hai bisogno di una mano e credi sia il caso di intraprendere un percorso per farti aiutare ad uscire da questo momento delicato della tua vita puoi chiedere una consulenza dal vivo (se sei a Roma) o a distanza tramite Skype.

Crisi Esistenziale. Ma che significa?

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Di che si tratta? E come funziona? Come si fa a capire se si è preda di una colossale, distruttiva, totale crisi esistenziale?

Partiamo da un’analogia molto semplice, che immaginai io stessa qualche anno fa, quando fui colta dalla mia seconda crisi esistenziale:

Stai viaggiando su un treno ben definito, già da qualche tempo ormai, forse da tutta la vita.

Guardi i paesaggi che scorrono fuori dal finestrino, leggi, familiarizzi con gli altri passeggeri, ti abitui alla loro presenza, parli, finché, ad un certo punto, senza preavviso, passando davanti al cartello di una stazione ti rendi conto che il treno in cui ti trovi non sta più andando nella direzione in cui credevi andasse.

Inizi ad agitarti: “ma, come è possibile? Ho sbagliato treno? Eppure la destinazione mi sembrava quella! Ha cambiato itinerario? Senza avvisarmi? E adesso? Cosa faccio?”.

Lì per lì, cerchi di calmarti, di prendere tempo, respirare.

Ma più guardi fuori dal finestrino più ti rendi conto che non c’è molto di cui dubitare: Non stai andando nella direzione che vorresti!

Il caos ti prende il cervello.

Non sai più se sei tu ad aver cambiato idea sulla meta, o se è il treno ad aver cambiato percorso.

Ciò che è certo è che tu su quel treno non ci puoi più stare.

Così ti alzi, ancora in preda al panico e ad una strana sensazione di sgomento tiri il freno a mano.

La frenata è talmente brusca che tutti i bagagli che portavi con te ti cadono addosso con una violenza pazzesca. Cade tutto, ogni oggetto, ogni giornale, ogni libro.

Gli altri passeggeri ti guardano stupiti e storditi: “Ma che stai facendo?” intimidiscono con lo sguardo.

Ma ormai è fatta, non puoi più restare. Prendi poche cose con te, quelle che ritieni più importanti, più essenziali e ti butti giù. Scendi dal treno.

E mentre ancora rotoli fra la polvere nel tentativo di rimetterti in piedi e capire dove sei, il treno riparte, si allontana, lasciandoti lì, in mezzo ad un deserto, nella solitudine più completa, senza segnaletica, nel nulla.

Ecco, è questo che si prova quando inizia una crisi esistenziale.

Ma cos’è davvero una crisi esistenziale?

Beh, se vogliamo parlare in termini psicologici (giusto per capirci un po’ meglio, perché di certo una crisi esistenziale solo “psicologica” non è), è il crollo, la messa in discussione di tutto o di buona parte, del sistema di valori e convinzioni che fino a qualche momento prima era la base sulla quale si reggeva la tua vita.

Credevi che certe cose fossero fondamentali per te, e poi, non si sa bene come e perché, queste cose cambiano, assumono una dimensione diversa nella tua mente e nella tua vita. Cose che prima rappresentavano il top della felicità adesso non ti interessano più. Ciò che credevi di voler fare nella tua vita, sembra aver perso ogni sapore. Non sai più chi sei, che cosa vuoi fare, che ruolo hai in questo mondo e che senso abbia tutto quello che ti circonda.

Ma da cosa è causata una crisi esistenziale?

Beh, prima di tutto rassicuriamoci un attimo, anzi, cerchiamo di cambiare prospettiva sulle cose: una crisi esistenziale non è così drammatica come si pensa. O meglio, lo è, ma se vissuta nel modo giusto può diventare la cosa più grandiosa che ti sia mai capitata nella tua vita fino ad ora.

Forse lo avrai già sentito dire, ma te lo ripeto… sai che in giapponese l’ideogramma per indicare il concetto di CRISI è lo stesso usato per il concetto di OPPORTUNITA’?

Sai cosa significa questo? Che quello che ti sta accadendo può diventare una cosa incredibile, che in futuro forse racconterai ai tuoi nipoti di come in quegli anni di profonda confusione tu abbia in realtà potuto gettare le basi per costruire una vita completamente nuova, per scoprire chi sei veramente e perché ti trovi su questa terra.

Ma come si fa ad affrontare una crisi?

Bene, il punto fondamentale è che dobbiamo renderci prima di tutto conto che trovarsi in mezzo al deserto senza segnaletica non è affatto una bella sensazione e che ci vuole una bussola o comunque una guida che ti aiuti a sbloccarti dall’immobilismo in cui probabilmente sei adesso per iniziare un nuovo percorso e una nuova strada che ti riporti, o forse ti faccia scoprire per la prima volta, CASA TUA.

Cosa fare se sei in crisi esistenziale?

E’ possibile sia richiedere una Consulenza dal vivo a Roma, sia a distanza via Skype. 

Durante la consulenza scopriremo insieme cosa ti ha condotto alla crisi e come uscire dallo stallo e dalla disperazione in cui sei in questo momento programmando a poco a poco dei nuovi obiettivi e soprattutto individuando le opportunità nascoste in questo momento così delicato della tua vita.

 

Sentire le Voci

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Qualche tempo fa feci un sogno.

Una voce, esterna a me, mi parlava.

Sapevo bene che non c’era nessun altro nella stanza e quella voce non avrei dovuto sentirla.

Non era una voce cattiva, non era aggressiva, ma solo il fatto di sentirla mi faceva crescere un’angoscia interiore intensissima che non faceva che aumentare.

Il suo parlare non era continuo, ma anzi, mi parlava ad intervalli regolari di 3-4 minuti.

Così quando iniziavo a sperare che avesse smesso, ecco che ricominciava, per poi fare di nuovo una pausa e poi di nuovo ricominciare.

Era terribile.

Durante il sogno decisi di provare a fermala.

Nel corso dei miei studi e delle mie personali intuizioni, ho appreso come il fenomeno del sentire le voci non sia necessariamente attribuibile ad un disturbo mentale.

Così, pensando a questo, nel sogno mi calmai: “Ok, aspetta“, mi dissi… “Non sono pazza”.

Poi provai ad utilizzare alcune tecniche di affrontamento delle voci che ho appreso durante gli anni della mia formazione come psicoterapeuta. E così facendo, nel mio sogno, la voce smise di parlarmi.

Ma cosa sono le voci?

Perché si sentono?

Cosa vogliono?

E come bisogna affrontarle?

La verità è che tutti gli esseri umani hanno in se la capacità di sentire le voci.

Ci sono persone che le attribuiscono alla propria coscienza, ai propri angeli custodi, oppure, se sono negative, aggressive, e fastidiose, si può credere siano frutto delle proprie paure, dei propri demoni interiori non affrontati. A volte si può arrivare a credere siano le voci di qualcun altro, qualcuno di esterno a sé, altre presenze.

Qualunque sia l’origine di queste voci, e qualunque cosa si crea a riguardo, la cosa importante da tenere presente ai fini terapeutici, è che se esse al momento sono un problema nella propria vita significa che non le si sta affrontando nel modo giusto. Bisogna, dunque, battere altre strade per gestire e sciogliere i problemi che queste voci portano con sé.

Secondo Jung (e non soltanto secondo lui) le voci sono l’espressione di parti di noi che non riusciamo ad accettare. Rabbia, frustrazione, dolore, disperazione, verso situazioni irrisolte o accadute nel passato, potrebbero aver dovuto dissociarsi da noi per farsi ascoltare.

Così la “patologia” degli uditori di voci non sta allora tanto nel sentirle, quanto nel non averle ascoltate prima.

Allora la soluzione non può essere solo prendere dei farmaci per zittirle. Forse c’è qualcosa che queste voci devono dire, forse c’è qualcosa di importante per noi da scoprire. Forse, come per tutti, ci sono voci buone (che vanno ascoltate) e voci cattive (che vanno trasformate, o addirittura educate).

Di certo, finchè le voci hanno tanto potere nella propria vita da impedire di realizzare i propri desideri, e di essere le persone che si vorrebbe essere, qualcosa nel rapporto con queste voci va cambiato, e va cambiato nel modo giusto.

Ma come?

Ecco alcuni siti per scoprire di più sulle voci e su come sentirle non significhi necessariamente essere malati

http://www.sentolevoci.org/

http://www.sentirelevoci.it/ 

http://www.parlaconlevoci.it/

Inoltre esistono anche molti libri che possono aiutare ad avere a poco a poco una nuova prospettiva del sentire le voci.

Eccone alcuni:

  • Romme M. – S. Escher – J. Dillon – M. Morris, Vivere con le voci. 50 storie di guarigione. Milano, Mimesis Edizioni, 2010;
  • Salvini A. – G. Nardone, Psicoterapia delle voci e dei pensieri persecutori, in R. Bottini, Il nostro inquilino segreto. Psicologia e psicoterapia della coscienza. Milano, Adriano Salani Editore, 2011.

 

Attacchi di panico: 4 cose che li alimentano

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MA DA COSA DIPENDONO I TUOI ATTACCHI DI PANICO?

Sto camminando tranquillamente per la via che faccio ogni giorno, sono tranquillo, non ho nessun pensiero particolare, finché (Oh mio dio) succede qualcosa dentro di me!

Il battito cardiaco accelera, il respiro si affanna, qualcosa dentro di me inizia a cambiare, un formicolio sinistro. Cerco di calmarmi, ma appena mi guardo intorno per capire cosa fare ecco che tutto mi sembra stranissimo, come se non fosse reale, come se non fosse il mondo in cui stavo tranquillamente passeggiando fino a un minuto prima.

Ho paura. Una paura immensa di morire, di impazzire, di perdere il controllo prende il sopravvento.

Cerco di mantenere il controllo, ma… niente da fare, sempre peggio! Una specie di terribile ondata di malessere universale mi stravolge. Non ho più il controllo, potrebbe accadermi di tutto. Non so cosa stia succedendo. Non capisco più nulla… sono in balia completa di questo enorme, orribile, stravolgente, nero, pauroso attacco di panico.

Eccoci qui, nella mente di chi soffre di attacchi di panico.

Un attacco di panico ti sconvolge, ti cambia, crea una linea di demarcazione tra ciò che eri prima e ciò che sei dopo.

Perché dopo… dopo non sarà più possibile uscire come se niente fosse…

“E se riaccadesse?”, inizi a chiederti.

“E se accadesse proprio quando non dovrebbe, proprio quando non c’è nessuno ad aiutarmi?”;

“E se accadesse mentre guido?”

“E se accadesse mentre devo fare quella cosa importante?”

“E se riaccadesse e basta???”.

Questi i pensieri che si affollano nella mente.

E queste sono le soluzioni per correre ai ripari:

  1. Evitare le situazioni che spaventano: meglio non andare più in quel cinema, in quel supermercato, su quella strada, in quel posto… meglio evitare. Meglio stare a casa… Ma più evito una cosa, più la rendo paurosa, e più la rendo paurosa, più la evito chiudendomi in un circolo vizioso dove la mia soluzione non fa che peggiorare la mia situazione.
  2. Chiedere aiuto: se proprio devo farlo, meglio farmi accompagnare. E se mi accadesse qualcosa? E se mi venisse di nuovo l’attacco di panico? Come farei? Come potrei mai sopravvivere? Ho bisogno di qualcuno. Ma più mi aiutano, più dentro di me mi convinco di non potercela fare in autonomia, e più mi convinco di questo, più affrontare le cose diventa difficile, e più diventa difficile, più chiedo aiuto, innescando un loop in cui l’aiuto che ricevo, invece di aiutarmi, mi rende ancora più incapace.
  3. Controllare continuamente i propri sintomi: per evitare che si manifesti di nuovo l’attacco, sto sempre lì a controllare che tutto sia a posto, il cuore, il respiro… ma più controllo reazioni che dovrebbero spontanee, più le altero, e più le altero, più mi spavento, e più mi spavento, più mi auto-genero un altro bell’attacco di panico.
  4. Prendo precauzioni: xanax o tavor da portare dietro e prendere all’occorrenza, oppure una mappa precisa di tutti i prontosoccorso limitrofi ai luoghi che frequento, perché… non si sa mai. Ma più tento di rassicurarmi con queste precauzioni, più in realtà mi convinco che accadrà qualcosa (altrimenti non avrei bisogno di rassicurarmi), e più mi convinco che accadrà qualcosa, più starò in allerta, ma più starò in allerta, più il mio cuore accelererà e il mio respiro cambierà, e più il mio cuore accelererà più io mi spaventerò e più mi spaventerò più…. indovina un po’… mi farò venire l’attacco di panico.

Il punto è proprio questo, non è che siamo stupidi, nessuno vuole avere gli attacchi di panico, solo che a volte, per cercare di tenere sotto controllo la situazione, adottiamo delle soluzioni che invece di risolvere il problema, lo fanno peggiorare!

La terapia strategica aiuta proprio in questo. Grazie ad un protocollo ad hoc creato per la risoluzione completa degli attacchi di panico senza dover ricorrere ai farmaci, permette al paziente di eliminare tutte le soluzioni disfunzionali e insegna, al loro posto, le strategie adatte non per gestire o “convivere” con gli attacchi di panico, ma per debellarli, completamente e per sempre.

Se vuoi prenotare un appuntamento e sei di Roma clicca qui, se invece non sei di Roma compila il form per prenotare una consulenza via Skype che trovi di lato a destra.

Se vuoi leggere altri articoli sul panico, clicca qui e visita il mio sito sull’argomento cliccando qui.

 

Dipendenza affettiva: cos’è?

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Quante volte mi sono sentita dire: “Sa dottoressa, io ho un problema, ho scoperto di soffrire di dipendenza affettiva”. Ma che cos’è questa “dipendenza affettiva”? E come se ne esce? E’ una malattia incurabile? E’ solo un’etichetta creata per giustificare certi comportamenti? E’ un modo di essere che fa parte del carattere e che non può essere risolto? Cerchiamo di capire meglio. Prima di tutto, quali i sono i segnali che di solito descrivono una persona che “soffre” di dipendenza affettiva:

  • Paura di essere inadeguati a meritare o mantenere un importante legame affettivo.

  • Senso generale di disistima in se stessi e particolarmente per ciò che riguarda la propria amabilità umana e/o intelligenza o attrattiva sentimentale e sessuale.

  • Idealizzazione della persona amata la cui sola vicinanza è in grado di fornire benessere al dipendente innamorato.

  • Elargizione d’amore a senso unico, fino al limite del collasso psicofisico da stress.

  • Sottomissione caratteriale e tolleranza verso gli aspetti “negativi” della persona amata.

  • Dolore angoscioso o depressivo ad ogni separazione o possibile abbandono.

  • Tendenza ad assumersi le colpe nelle crisi di rapporto.

  • Ansia e attacchi di panico relativi a dubbi, conflitti o crisi inerenti il rapporto di dipendenza.

  • Bisogno di controllare la persona amata in ogni suo momento e in ogni suo movimento, così come anche in ogni suo pensiero.

  • Gelosia morbosa, ossessiva.

  • Riduzione progressiva dei contatti affettivi e sociali a favore del rapporto di dipendenza.

  • Rabbia e disperazione all’idea che il partner possa “godersi la vita” senza l’innamorato.

  • Compulsione a seguire e talvolta minacciare e perseguitare la persona amata che sfugge al controllo sentimentale.

Ora, se stai leggendo questo articolo, probabilmente il titolo ha attirato il tuo interesse, e leggendo questo elenco adesso nella tua testa dirai: “Oh, cavolo! Allora SOFFRO DI DIPENDENZA AFFETTIVA! OH MIO DIO E ADESSO????” No panic. La situazione può essere meno allarmante di quanto credi, perché capire dove ti trovi in questo momento, non significa doverci rimanere a vita! Anzi, è il primo passo per poter prendere una bussola, decidere dove andare, e organizzare il viaggio. Come farlo? Ne parleremo nel prossimo articolo.