CategoryCrisi Esistenziale

Perché tradiamo, siamo sempre insoddisfatti e spesso mandiamo all’aria tutto senza apparenti motivi

Quando ero piccola un giorno mio padre mi tenne una lezione sulle relazioni umane.

Disegnò due pezzi di un puzzle che in un punto si incastravano alla perfezione. Uno dei due pezzi era così completo, mentre l’altro… restava con un buco al centro, che non veniva riempito.

Il disegno era più o meno così…

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Allora la cosa mi lasciò alquanto sconcertata.

Nel mio modo lineare e semplice di percepire la realtà, mi sembrava ingiusto, assurdo e triste che qualcuno venisse completato da una relazione e l’altro no.

Secondo mio padre, il buco al centro era la spiegazione delle trasgressioni all’interno di una coppia.

Per anni ho pensato a questa sua metafora e al suo disegno.

Ho tentato costantemente di contrastare, con le mie esperienze, la sua visione del mondo.

Ma, in verità, non ci sono riuscita.

In effetti devo ammettere che è vero: anche se in qualche punto di noi stessi le persone che scegliamo come nostri partner ci compensano, rimane sempre qualcosa di “non risolto” dentro di noi.

E più tentiamo di delegare al nostro partner l’incarico di completarci, di riempire i vuoti e spazzare via le nostre personali ambiguità, più ci sentiremo non compresi, sbagliati e, peggio ancora, sempre alla ricerca di qualcos’altro.

In questa prospettiva di cose, o siamo così fortunati da incontrare un vero e proprio “miracolo” vivente, in grado di mettere a posto ciò che noi stessi non riusciamo a mettere a posto, o ad un certo punto facciamo i conti con la realtà dei fatti e ce ne prendiamo la responsabilità ammettendo, a noi stessi prima di tutto, che si, la persona che abbiamo vicino ci rende felici, a volte, ma molto più spesso non arriva nemmeno lontanamente a comprendere ciò che profondamente ci turba, ci fa svegliare col magone e ci fa vivere in questo strano stato di perenne e immotivata, insoddisfazione.

E allora che dovremmo fare? Dopo aver preso coscienza del fatto che chi ci sta accanto non può e soprattutto NON HA il compito di riempire i nostri vuoti, che dobbiamo fare?

Davvero l’unica soluzione è la trasgressione? Cercare in altri ciò che i nostri partner non possono e non potranno mai darci? Tradire? Lasciare? E continuare così a strappare le trame delle nostre vite in modi che poi non solo non guariscono, ma feriscono di più e più profondamente?

Ecco 3 consigli per gestire la cosa, o almeno, per iniziare a prendersene cura in maniera più adulta:

  1. Rendersi conto che avere dei “buchi” interiori è normale e che li abbiamo tutti: non vergognarsi delle proprie vulnerabilità e non nasconderle soprattutto a se stessi è il primo passo per potervi venire a patti. Siamo tutti folli, ognuno a modo suo. Non esiste la perfezione, la persona senza pecche, quella del tutto equilibrata. E se qualcuno sembra essere così è il più folle di tutti. Le pazzie fanno parte dell’essere umano. Se fossimo già perfetti saremmo morti. Perché siamo qui per migliorarci, non per essere già migliori.
  2. Accettare il fatto che ognuno ha la responsabilità di guardare, comprendere e curare le proprie ferite e i propri difetti: non sono gli altri a doversi adattare a noi, non è il mondo a dover diventare più “buono” se la cattiveria ci manda in crisi, non è il partner a dover diventare più “comprensivo” se sentirci incompresi ci fa dare di matto e ci getta nella solitudine più profonda. Ciò che vibra dentro di noi, ciò che non ci fa sentire a posto, che ci fa paura, che ci fa arrabbiare ecc, sono tutte cose che rientrano nelle nostre personalissime responsabilità. Non è lui o lei a doversi adattare a te, né tu devi adattarti a lui o lei. Va bene, ci si supporta e ci si sopporta, ma il principale compito che abbiamo è quello di guarire noi stessi, chiedendo aiuto alle persone giusto al momento giusto. E no, i partner non sono degli psicoterapeuti, né degli infermieri, né dei genitori. Sono partner. Persone che ci camminano affianco. Punto.
  3. Distinguere i surrogati di guarigione dalla guarigione vera: molte persone riescono a fare i primi due passi, ma poi si perdono al terzo. Così capiscono di avere delle mancanze, sanno che i loro partner non possono compensare e quindi… cercano altri partner… Molti tradimenti, fughe, vizi di varia natura, sono solo modi che vengono utilizzati per “metterci la toppa”, non pensarci, rimandare il momento in cui dovremo affrontare DAVVERO i nostri sospesi. Ma cercare di tappare un forellino mettendoci dentro una pietra potrebbe persino allargarlo di più! A volte, le cose che tentiamo di fare per non sentire certe mancanze dentro di noi, sono proprio ciò che le renderà insopportabili nel tempo. Prendersi cura delle nostre fratture interiori, dei nostri modi di essere scomodi e scompensanti, delle nostre paturnie, follie e difetti è l’unico modo che abbiamo per vivere più felici nelle relazioni che costruiamo nel corso della nostra vita. Si dice che l’amore guarisca, ma lo fa solo se, dopo che esso ci ha indicato la zona d’ombra che abbiamo dentro, siamo noi a metterci mano, magari con l’aiuto di un professionista, quando serve 😉

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La tormentosa questione dell’Elastico attaccato alla schiena

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Avete mai provato la sensazione di non riuscire ad andare avanti nella vita?
Come se ci fosse un elastico, un enorme elastico che vi lega, indietro, da qualche parte alle vostre spalle.
E voi fate di tutto per divincolarvi, per tentare di liberarvi, ma l’elastico vi lega là e se con enorme sforzo, riuscite a fare quei 2, 3 passetti che le persone “normali” fanno fischiettando, la felicità non dura che pochi minuti, perché immediatamente dopo, proprio a causa della forza che avete voi stessi esercitato per muovervi in avanti, l’elastico avrà la spinta per rigettarvi indietro, con violenza, tanta più violenza quanta più forza avete impiegato per fare quei due miseri passi in avanti.
E “SBAM”, sarete nuovamente sbattuti al palo a cui è legato l’elastico, ancora una volta, e poi ancora, e ancora, e ancora, senza possibilità di scampo.

Così alternate momenti in cui vi arrendete (e vi deprimete) perché non c’è davvero nulla da fare a riguardo (l’elastico esiste, ed è più forte di voi), a momenti in cui, dopo il riposo della resa, risentite la voglia di riprovarci, di nuovo, con più forza, con più furore, nella speranza di spaccare l’elastico ed essere finalmente liberi.
Ma la storia si ripete: “SBAM”, 2 passi avanti e 700 indietro…

E allora? Che si fa? Come se ne esce?
Eh, non lo nascondo, è un bel casino… ma di certo, guardando il disegnino che mi è venuto in mente questa mattina mi appare evidente (e forse apparirà evidente anche a voi) che la prima cosa da fare per interrompere il circolo vizioso (o sarebbe meglio dire il “molleggiamento” vizioso) sia INTERROMPERE IMMEDIATAMENTE TUTTI I TENTATIVI FOLLI E DISPERATI DI FARE QUEI DANNATI PASSI IN AVANTI. Perché più lottiamo per andare avanti, più l’elastico ci ricondurrà dietro e, quel che è peggio, lo farà proprio con lo slancio che noi stessi gli avremo offerto sforzandoci di fare i passi in più.
Quindi, primo consiglio del giorno contro l’elastico: SMETTI DI DARE SLANCIO AL TUO ELASTICO.


 

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Ribellarsi alla Paura: un dialogo estivo

Ho una grande famiglia. Grandissima, se conto cugini di primo e di secondo grado, più i diversi zii, saremo più di 100. Questo perché mio padre è il nono di 9 fratelli, mia nonna è vissuta fino a 100 anni e pur essendo un po’ dispersi per il mondo (c’è chi vive in America, chi in Canada, chi in diverse città di Italia), ogni anno ci ritroviamo in Calabria per la festa di famiglia, la seconda domenica di agosto.

Quest’anno non è stato da meno e insieme agli altri cugini ho rivisto una cara cugina di New York, illustratrice, con la quale mi sono intrattenuta spesso a parlare di un po’ di questioni psico-esistenziali.

Una di queste è stata sulla “paura”.

  • <<Si Roby, perché vedi, noi siamo abituati ad evitare le cose di cui abbiamo paura, ed è una reazione naturale no? Però in realtà dovremmo fare tutt’altro!>>
  • <<Eh, si, lo so, anche in psicologia le cose stanno così sai? Più eviti qualcosa perché ne hai paura, più questa cosa ti farà paura nel tempo>>
  • <<Esatto! Perché se scappi da qualcosa dai conferma a te stesso che c’è un pericolo… anche se magari, in realtà non c’é>>
  • <<O peggio, se ci fosse davvero, scappando lo rendi insuperabile>>
  • <<Ma poi c’è anche un’altra cosa sai…>>
  • <<Dimmi…>>
  • <<Si dice che ciò che ci fa più paura è proprio ciò che forse ci verrebbe meglio>>
  • <<Mmh ma, aspetta, se mi fa paura buttarmi da una rupe non significa che se ci provassi volerei…>>
  • <<No no, non intendo questo. E’ ovvio, ci sono cose che ci fanno paura perché sono realmente pericolose per noi. Ma ce ne sono altre che ci fanno paura solo perché, affrontandole, farebbero venire fuori un potenziale sopito che non abbiamo ancora il coraggio di guardare in faccia. Io per esempio, che sono un’illustratrice, ho paura di disegnare i paesaggi. Temo che mi vengano male capisci? Di non esserne capace. Così non li disegno mai. Ma questo è sbagliato. Se non disegno mai paesaggi sarò sempre limitata, e tutto solo a causa della paura di scoprire di non saperli disegnare>>.
  • <<E’ così. Se evitiamo di fare le cose di cui abbiamo paura, continuando a scappare, e scappare e ancora scappare, finiremo per circoscrivere la nostra vita in dei limiti ristrettissimi, dove le cose in cui ci sentiremo a nostro agio saranno talmente poche che la vita perderà del tutto di sapore. Anzi! Sai che mi viene in mente? Qualche tempo fa leggevo di una tipa che per sfida propone di fare una cosa nuova ogni giorno, anche piccola, giusto per abituare il proprio cervello ad affrontare il cambiamento, che poi è quello che ci fa più paura>>.
  • <<Mmh… una cosa nuova ogni giorno? Interessante!>>
  • <<Eh si, e pensa come sarebbe ancora più liberante affrontare una piccola paura ogni giorno. Perché secondo me la gente si blocca difronte alle cose che le spaventa perché si immagina di dover affrontare tutta la paura in una volta, ma non è così che funziona! Quelle sono vere e proprie terapie d’urto, che a volte generano più traumi che guarigioni. Io invece sono per il fare un passetto al giorno, al contrario di ciò che suggerisce la paura, smettere di esserne schiavi insomma, di eseguire i suoi ordini, ribellarsi un po’…>>
  • <<Gli ordini della paura…>>
  • <<Eh si, esatto. Perché più esegui i suoi ordini, più ti convinci che lei è la tua padrona! Mica eseguiamo gli ordini di chi non ha autorità ai nostri occhi, no? E siamo noi a darle autorità!>>
  • <<Giusto… eseguendone gli ordini…>>
  • <<Esatto. Quindi il punto è iniziare ad esservi meno devoti. Diventare pian piano dei ribelli nei suoi confronti. Dei rivoluzionari alla fine, facendo il contrario di quello che ci suggerisce. Tipo: tu hai paura di disegnare paesaggi? Bene, disegnane uno ogni giorno. Io ho paura di scrivere articoli poco interessanti? Bene, ne scriverò uno al giorno, e così via…>>
  • <<Esatto! E’ quello che sto facendo. Ma poi che succede?>>
  • <<Eh, ci ho fatto un piccolo disegno su quello che succede… lo vuoi vedere?>>
  • <<Certo!>>
  • <<Eccolo qua… 

Paure


 

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Crisi Esistenziale: perché arriva e cosa la causa?

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Perché arrivano le crisi esistenziali?

Perché qualcuno ne affronta anche più di una nella sua vita, ed altre persone sembrano non viverle mai, sicure e salde nei loro intenti, nella loro visione del mondo, nel loro modo di reagire alle tempeste dell’esistenza?

Si tratta di una sensibilità particolare?

Di una scarsa capacità di gestire le difficoltà?

O di qualcos’altro?

Beh, la verità è che le crisi esistenziali arrivano come le tempeste o i terremoti.

Ci sono luoghi della terra che sono più predisposti di altri, aree sismiche dove i movimenti della crosta terrestre avvengono con più ricorrenza e più violenza.

Ma è anche vero che, per quanta devastazione i terremoti portino, in realtà rappresentano il segnale del fatto che la terra è viva, che c’è movimento e che anche la cosa che ci sembra più stabile (come può essere il pianeta su cui viviamo) è predisposta al cambiamento continuo (come è giusto che sia).

Si dice che l’unica costante nella vita sia il cambiamento.

Ed è così. Il fatto che nella tua vita tutto continuerà sempre a cambiare è l’unica certezza su cui puoi fare affidamento.

Se oggi ti ritrovi nel bel mezzo di una crisi esistenziale è solo perché anche tu sei un essere umano, e in quanto facente parte della natura, il cambiamento e la mutevolezza ti coinvolge.

Ma se la crisi è così naturale come sto dicendo, allora perché ti sconvolge così tanto?

Beh, perché quando le cose cambiano, la segnaletica a cui eravamo abituati viene meno, e trovarsi da soli in mezzo al deserto senza sapere dove andare non piace a nessuno.

Quindi tranquillizziamoci, il fatto che essere in crisi ti mandi ulteriormente in crisi è un buon sintomo di sanità mentale: sei normale, non c’è nulla di folle nel sentirti come ti senti, anzi! 

Magra consolazione? Non importa, iniziamo dalle consolazioni magre, poi arriveremo a quelle più grasse.

La prima cosa da fare per sopravvivere a questa tua crisi è capire cosa l’ha generata, e se è successo qualcosa di specifico che ti ha fatto piombare qui dove sei adesso (ossia nel caos più completo) oppure se non sapresti nemmeno identificare la motivazione primaria del tuo stato di cose.

Cosa è successo?

E’ finita una storia importante? Una separazione, un divorzio o un lutto forse?

Hai avuto la necessità di prendere una decisione fondamentale per la tua esistenza che ha fatto andare in tilt il tuo sistema di valori e di priorità?

C’è stato un cambiamento considerevole nella tua quotidianità? Un figlio, un nuovo lavoro, un licenziamento, un trasferimento, o qualcosa del genere?

Iniziare a capire come mai ti trovi dove ti trovi può aiutarti a comprendere che se sei in crisi c’è un motivo, non è perché qualcosa non va nella tua testa.

E’ facile credere di avere qualche problema quando si hanno dei problemi, ma forse il vero problema è solo il problema che si ha (è una frase paradossale, ma ha molto più senso di quello che credi).

Quindi, iniziamo il percorso per uscirne: Cosa ti ha mandato in crisi?

E ricorda che se non riesci a fare chiarezza, se hai bisogno di una mano e credi sia il caso di intraprendere un percorso per farti aiutare ad uscire da questo momento delicato della tua vita puoi chiedere una consulenza dal vivo (se sei a Roma) o a distanza tramite Skype.

Crisi Esistenziale. Ma che significa?

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Di che si tratta? E come funziona? Come si fa a capire se si è preda di una colossale, distruttiva, totale crisi esistenziale?

Partiamo da un’analogia molto semplice, che immaginai io stessa qualche anno fa, quando fui colta dalla mia seconda crisi esistenziale:

Stai viaggiando su un treno ben definito, già da qualche tempo ormai, forse da tutta la vita.

Guardi i paesaggi che scorrono fuori dal finestrino, leggi, familiarizzi con gli altri passeggeri, ti abitui alla loro presenza, parli, finché, ad un certo punto, senza preavviso, passando davanti al cartello di una stazione ti rendi conto che il treno in cui ti trovi non sta più andando nella direzione in cui credevi andasse.

Inizi ad agitarti: “ma, come è possibile? Ho sbagliato treno? Eppure la destinazione mi sembrava quella! Ha cambiato itinerario? Senza avvisarmi? E adesso? Cosa faccio?”.

Lì per lì, cerchi di calmarti, di prendere tempo, respirare.

Ma più guardi fuori dal finestrino più ti rendi conto che non c’è molto di cui dubitare: Non stai andando nella direzione che vorresti!

Il caos ti prende il cervello.

Non sai più se sei tu ad aver cambiato idea sulla meta, o se è il treno ad aver cambiato percorso.

Ciò che è certo è che tu su quel treno non ci puoi più stare.

Così ti alzi, ancora in preda al panico e ad una strana sensazione di sgomento tiri il freno a mano.

La frenata è talmente brusca che tutti i bagagli che portavi con te ti cadono addosso con una violenza pazzesca. Cade tutto, ogni oggetto, ogni giornale, ogni libro.

Gli altri passeggeri ti guardano stupiti e storditi: “Ma che stai facendo?” intimidiscono con lo sguardo.

Ma ormai è fatta, non puoi più restare. Prendi poche cose con te, quelle che ritieni più importanti, più essenziali e ti butti giù. Scendi dal treno.

E mentre ancora rotoli fra la polvere nel tentativo di rimetterti in piedi e capire dove sei, il treno riparte, si allontana, lasciandoti lì, in mezzo ad un deserto, nella solitudine più completa, senza segnaletica, nel nulla.

Ecco, è questo che si prova quando inizia una crisi esistenziale.

Ma cos’è davvero una crisi esistenziale?

Beh, se vogliamo parlare in termini psicologici (giusto per capirci un po’ meglio, perché di certo una crisi esistenziale solo “psicologica” non è), è il crollo, la messa in discussione di tutto o di buona parte, del sistema di valori e convinzioni che fino a qualche momento prima era la base sulla quale si reggeva la tua vita.

Credevi che certe cose fossero fondamentali per te, e poi, non si sa bene come e perché, queste cose cambiano, assumono una dimensione diversa nella tua mente e nella tua vita. Cose che prima rappresentavano il top della felicità adesso non ti interessano più. Ciò che credevi di voler fare nella tua vita, sembra aver perso ogni sapore. Non sai più chi sei, che cosa vuoi fare, che ruolo hai in questo mondo e che senso abbia tutto quello che ti circonda.

Ma da cosa è causata una crisi esistenziale?

Beh, prima di tutto rassicuriamoci un attimo, anzi, cerchiamo di cambiare prospettiva sulle cose: una crisi esistenziale non è così drammatica come si pensa. O meglio, lo è, ma se vissuta nel modo giusto può diventare la cosa più grandiosa che ti sia mai capitata nella tua vita fino ad ora.

Forse lo avrai già sentito dire, ma te lo ripeto… sai che in giapponese l’ideogramma per indicare il concetto di CRISI è lo stesso usato per il concetto di OPPORTUNITA’?

Sai cosa significa questo? Che quello che ti sta accadendo può diventare una cosa incredibile, che in futuro forse racconterai ai tuoi nipoti di come in quegli anni di profonda confusione tu abbia in realtà potuto gettare le basi per costruire una vita completamente nuova, per scoprire chi sei veramente e perché ti trovi su questa terra.

Ma come si fa ad affrontare una crisi?

Bene, il punto fondamentale è che dobbiamo renderci prima di tutto conto che trovarsi in mezzo al deserto senza segnaletica non è affatto una bella sensazione e che ci vuole una bussola o comunque una guida che ti aiuti a sbloccarti dall’immobilismo in cui probabilmente sei adesso per iniziare un nuovo percorso e una nuova strada che ti riporti, o forse ti faccia scoprire per la prima volta, CASA TUA.

Cosa fare se sei in crisi esistenziale?

E’ possibile sia richiedere una Consulenza dal vivo a Roma, sia a distanza via Skype. 

Durante la consulenza scopriremo insieme cosa ti ha condotto alla crisi e come uscire dallo stallo e dalla disperazione in cui sei in questo momento programmando a poco a poco dei nuovi obiettivi e soprattutto individuando le opportunità nascoste in questo momento così delicato della tua vita.