Ultimamente mi è capitato di guardare su Netflix la serie-documentario su Marie Kondo, l’autrice dell’ormai famoso libro “Il magico potere del riordino”.
La donna insegna a diverse persone come mettere ordine nelle proprie case e come liberarsi delle cose in sovrappiù, distinguendo fra ciò che che regala gioia e ciò che non lo fa. E guardando la piccola, sorridente Marie entrare nelle vite altrui per aiutarle ad avere una nuova vita, non ho potuto fare a meno di trovare un’assonanza con ciò che accade alla fine di una relazione sentimentale.
Le persone si mettono insieme, vivono storie più o meno coinvolgenti e poi, a volte, si lasciano e i distacchi avvengono in maniera più o meno traumatica: un marito che si scopre aver costruito una seconda famiglia parallelamente alla prima, una donna che confessa di non essere mai stata veramente innamorata del compagno, un ragazzo che lascia la sua fidanzatina via messaggio per poi bloccarla su tutti i social impedendole un confronto faccia a faccia.
Rivelazioni, accadimenti e modalità nel lasciarsi che rendono più traumatico il finale, già traumatico e doloroso di per sé.
A questo si aggiungono le tante parole (purtroppo fuori luogo) che amici e parenti spendono per provare a consolare la persona abbandonata: “ma in fondo hai sempre avuto la sensazione di non poterti fidare”, “alla fine meglio che se ne sia andata lei perché tu non saresti mai riuscito a lasciarla”, “il vostro rapporto era caotico e tossico, è meglio che sia finita” e via dicendo.
Così la persona che “subisce” la fine complicata di una storia complicata, inizia un’ estenuante lotta contro se stessa per uscire il più velocemente possibile dalla storiaccia appena vissuta.
Eh si, perché mica puoi stare là a piangere per troppo tempo per uno che ti ha umiliata e abbandonata, no? Mica puoi perdere anni della tua vita a deprimerti per una che ti ha detto di non averti mai davvero amato; mica puoi spendere il tuo tempo a tormentarti per uno che ti ha lasciato su whatsapp e poi ti ha bloccata ovunque per scomparire nel nulla.
Non puoi soffrire troppo. Non puoi piangere troppo. Non puoi starci troppo male. Devi uscirne, e uscire, presto, il più presto possibile, riprenderti, fare, dire, incontrare gente, vivere! No?
No.
Ed è qui che il discorso si ricollega a Marie Kondo e al “Magico poter del riordino”.
La donna giapponese, che entra nelle case delle persone per aiutarle a mettere ordine, viene spesso confusa per una che insegna a buttare via le cose. Ma lei non insegna a buttare via. Lei insegna a mettere ordine. Il gettare via è un gesto che va compiuto solo nei confronti delle cose che non ci servono più.
Un cuore spezzato, invece, ci serve ancora tantissimo e se lo gettiamo via prima di aver fatto ordine, perderemo una delle più grandi occasioni della nostra esistenza.
Ma mettere ordine in cosa?
Nella rabbia, nel dolore, nella delusione, chiaro, ma soprattutto, nelle speranze ancora coltivate, nella compassione che ancora proviamo e, rullo di tamburi, nell’amore che ancora sentiamo…
Perché la verità, per quanto sia difficile ammetterlo, è che se si sta così male alla fine di una relazione, è perché a quella persona ci tenevamo e questo non si spazza via solo perché l’altro ha deciso di andarsene o ci ha fatto un torto.
Così, l’idea frettolosa, malsana e purtroppo socialmente condivisa, del “mettere via tutto il più velocemente possibile e gettare il passato nella spazzatura senza troppi rimuginii mentali” non solo diventa impossibile da mettere in pratica, ma finisce per essere anche dannoso ed un enorme spreco.
Sarebbe un po’ come se Marie Kondo entrasse in casa nostra e una volta preso atto del casino dicesse: “ok, metti tutto in una busta e buttalo via. Poi esci e comprati cose nuove. Fatto. Casa ordinata”.
Eh no. Questa non è una casa riordinata, questa è una follia.
Lo stesso non possiamo farlo nella nostro cuore, nella nostra anima, nella nostra vita.
Affrettarsi a gettar via il più velocemente possibile il caos emotivo causato dalla fine di un rapporto e poi freneticamente procurarsi emozioni nuove, esperienze nuove, persone nuove, conduce al rischio di riacquistare ciò che possedevamo già, o ciò che non avremmo più dovuto ricomprare.
Così come diventa rischioso lasciare accumulare polvere, sporcizia ed emozioni, che ci impediranno poi di trovare e accedere con facilità a ciò che ci è necessario per vivere bene e che rimane sepolto chissà dove sotto cumuli di rabbia, rancore e cinica disillusione.
Ecco quindi che arriviamo alla necessità del “riordino del cuore”, un processo di pulizia che include il soffermarsi su TUTTE le emozioni che abbiamo dentro, senza censure e senza evitamenti.
Come se il cuore fosse un armadio, iniziare da quelle di più facile accesso (come rabbia, delusione, sgomento e disprezzo) per arrivare a quelle più nascoste e seppellite che facciamo più fatica ad ammettere (anche noi stessi): l’amore che ancora proviamo, l’affetto che ancora sentiamo, la speranza che ancora coltiviamo.
Perché un cuore spezzato è come un armadio disordinato: solo quando i sentimenti verranno distinti, riordinati, ripuliti, ringraziati e poi messi in una scatola e conservati o lasciati andare, ci sarà finalmente nuovo spazio per una nuova vita, una nuova persona ed un nuovo amore.
Illustrazione: @rob_art_illustrazioni