Solitamente crediamo che il gusto, il senso e il significato che diamo alla nostra vita dipendano dai fatti oggettivi che ci sono capitati.
Se a 5 anni mi sono rotto la gamba e ne sono rimasto traumatizzato, quello è un fatto, non lo posso cambiare, e se oggi mi porto ancora addosso le conseguenze di quel trauma, devo solo subire: è il mio passato, è andata così.
Allo stesso modo, non posso fare nulla per cambiare la mia sensazione di essere un “fallito” se, ad esempio, non sono riuscito a finire gli studi e, di conseguenza, ho avuto problemi a trovare un lavoro stabile, avere una situazione economica soddisfacente e via dicendo. Così come non posso fare niente se il mio compagno mi ha abbandonata per un’altra persona, lasciandomi sola a smaltire la devastante ondata di dolore, disillusione e bassa autostima che ne è conseguita.
Ma tutto questo è vero? Davvero non possiamo fare nulla per cambiare il nostro passato?
Una lezione dalla fisica quantistica
Stamattina, mentre girovagavo su Instagram sfogliando reel, mi sono imbattuta in un post che parlava di un esperimento quantistico noto come “cancellazione quantistica a scelta ritardata” (in inglese, “delayed-choice quantum eraser”).
Questo esperimento esplora la natura controintuitiva della meccanica quantistica, dimostrando che le misurazioni effettuate su una particella possono influenzare il suo comportamento passato, sfidando le nostre tradizionali concezioni di causalità e tempo.
Nell’esperimento, una particella viene inviata attraverso un apparato con due fenditure, creando una figura di interferenza tipica del comportamento ondulatorio. Tuttavia, se si ottiene informazione sul percorso seguito dalla particella (comportamento particellare), l’interferenza scompare. Ciò che rende l’esperimento particolarmente sorprendente è che la decisione di ottenere o meno l’informazione sul percorso può essere presa dopo che la particella ha attraversato le fenditure, suggerendo che eventi futuri possano influenzare il passato della particella.
Ovviamente non voglio addentrarmi troppo nei dettagli, sia perché non ne so abbastanza per evitare di dire assurdità, sia perché il fine di questo articolo non è parlare di fisica quantistica. Tuttavia, leggere quel post mi ha fatto riflettere su quanto spesso siamo convinti che, siccome il nostro passato è andato in un certo modo, le nostre possibilità di cambiamento e di gioia siano inevitabilmente compromesse.
Ma è davvero così? E se non lo fosse? E se le nostre azioni di oggi, quelle che compiamo per costruire il futuro che desideriamo, avessero il potere di modificare anche la percezione che abbiamo del nostro passato, del significato che diamo agli eventi della nostra esistenza?
Le emozioni influenzano la memoria
Nel 1981, lo psicologo Gordon Bower condusse uno studio pionieristico dimostrando che il nostro stato emotivo influenza profondamente la memoria. I partecipanti, messi in uno stato emotivo artificiale – ad esempio, ascoltando musica triste o allegra – tendevano a ricordare più facilmente eventi coerenti con l’umore che stavano provando in quel momento. Quindi se oggi sono spesso triste, ricorderò più facilmente eventi passati in linea con la mia tristezza e ne cancellerò tanti altri, fonte di altre emozioni che oggi non provo. Questo fenomeno è noto come “congruenza dell’umore” (Mood-congruent memory).
Un altro studio significativo, condotto da Eich nel 1995, dimostrò il principio della “dipendenza dallo stato” (State-dependent memory). Eich scoprì che il recupero delle informazioni è più efficace quando il nostro stato emotivo attuale coincide con quello in cui abbiamo appreso l’informazione. Per esempio, se una persona ha vissuto un’esperienza mentre era ansiosa, sarà più probabile che la ricordi in un momento di ansia futura.
Una prospettiva neuroscientifica
Ma perché accade questo? La risposta si trova nel nostro cervello. L’amigdala, una struttura chiave nella regolazione delle emozioni, è strettamente connessa all’ippocampo, che si occupa dell’archiviazione e del recupero dei ricordi. Quando proviamo un’emozione intensa, l’attivazione dell’amigdala rafforza i ricordi legati a quella sensazione, rendendoli più accessibili quando ci troviamo in uno stato simile.
Questo meccanismo ha un valore evolutivo: ricordare eventi passati in base allo stato emotivo attuale ci aiuta a prendere decisioni più rapide e coerenti con la nostra esperienza. Se un tempo hai provato paura in una determinata situazione, è utile che il tuo cervello la riporti alla memoria quando sei nuovamente in uno stato di allerta.
Possiamo davvero cambiare il nostro passato?
L’effetto delle emozioni sulla memoria ci insegna qualcosa di profondo: il nostro passato non è un archivio statico di eventi, ma un insieme di ricordi modellati dal nostro stato presente. Questo significa che la nostra visione della vita può cambiare semplicemente in base all’umore attuale. E l’umore attuale, così come quello di domani, può essere influenzato dalle scelte che facciamo oggi.
Allora prestiamo attenzione alle occasioni che ci si presentano davanti, aspettiamo un attimo prima di dire: “Mmh, non lo so… non fa per me… magari non sono capace… ma come potrei farcela?” e via dicendo. Molte delle convinzioni che abbiamo sviluppato su noi stessi dipendono dal significato che abbiamo dato alle esperienze vissute. Ma questo stesso significato potrebbe essere modificato se ci diamo la possibilità di provare cose nuove, di sperimentare versioni di noi stessi che non conosciamo, ma che esistono, lì, nascoste dentro di noi.
Evitiamo di gettare la spugna troppo presto. Diamoci una possibilità diversa, per una volta… Magari, chissà, potremmo scoprire non solo di essere in grado di modificare il futuro che crediamo ci attenda, ma anche di dare un altro senso al nostro passato, soprattutto se ancora ci tormenta.